Dello strano modo di fare recensioni

Egregio e caro Direttore,
ho numerosi dubbi circa il modo in cui i lettori giudicheranno la mia opera Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed etimologico (DILS) (Cagliari 2000, vol. I), dopo aver letto la recensione che ne ha fatto Heinz Jürgen Wolf nella «Revue de Linguistique Romane» (tome 69 del 2004, pagg. 555-568). Infatti la lunga e minuta recensione presenta una serie enorme di rilievi e di critiche alla mia opera, però alla fine conclude in questo modo «M. Pittau [...] ci ha gratificati di un nuovo dizionario etimologico che sarà sempre utile consultare accanto al DES, soprattutto a causa dei vocaboli che il Wagner non conosceva. [...] L'etimologia dei nostri giorni progredisce a piccoli passi. È necessario ringraziare M. Pittau di avervi contribuito». D'altra parte nutro pure fiducia nell'intelligenza e nella preparazione dei lettori di quella rivista, perché intravedo che pure loro avranno notato che molte delle critiche che mi ha fatto il Wolf sono del tutto inconsistenti.
La critica più forte ed insistente che il Wolf mi muove è che il mio Dizionario non registra vocaboli sardi e varianti che lui invece conosce ed elenca. Senonché la critica di essere "lacunoso" può essere fatta a tutti i vocabolari di tutte le lingue del mondo, perché non esistono né sono mai esistiti vocabolari "completi". Mi è capitato di constatare che perfino l'immenso Thesaurus Linguae Latinae non ha registrato qualche vocabolo che io invece ho incontrato in un autore latino.
In maniera particolare il Wolf mi rimprovera di non aver registrato tutte le varianti storiche dei vocaboli; ma questo rimprovero può essere mosso a tutti gli autori di vocabolari, perfino a Salvatore Battaglia, autore del Grande Dizionario della Lingua Italiana (21 volumoni), nel quale molte forme di vocaboli antichi sono registrate, moltissime altre no.
D'altra parte spero che non sia sfuggito al Wolf che nel II volume della mia opera, che è apparso nel 2003, compare una appendice di circa 100 pagine di «Aggiunte e correzioni al I volume».
Ancora il Wolf mi critica perché non ho sempre citato il paese o i paesi in cui si adopera un certo vocabolo; ma io rispondo che questa citazione è d'obbligo negli Atlanti linguistici, mentre non lo è nei Dizionari, anche etimologici, nei quali è sufficiente la indicazione generica della rispettiva area dialettale (cosa che io ho fatto).
Nella Prefazione del mio Dizionario io avevo scritto che «in realtà il Dizionario Etimologico Sardo (DES) di Max Leopold Wagner costituisce una autentica anomalia, per il fatto che riporta il materiale lessicale trascritto prevalentemente in grafia fonetica [....] Sta invece di fatto che tutti i dizionari etimologici delle lingue di cultura riportano il materiale lessicale trascritto in grafia ufficiale o almeno tradizionale, e soltanto in via sussidiaria, quando sia necessario od opportuno, lo trascrivono anche in grafia fonetica», ragion per cui ho deciso di trascrivere il sardo secondo la sua grafia tradizionale. Il Wolf contesta questa mia considerazione sulla "anomalia" del DES, senza però presentare un solo esempio contrario ed inoltre nega che esista una grafia tradizionale del sardo. Ma allora, dico io, siccome la lingua sarda viene scritta ormai da 1.000 anni, forse che i suoi documenti non sono scritti secondo una loro forma grafica tradizionale? Forse che ciascun documento è trascritto in una grafia del tutto differente da quella di ciascun altro? Il Wolf di certo dirà che però quella grafia tradizionale della lingua sarda non era perfettamente uniforme né univoca; ed io controbatto dicendo che nessuna lingua di cultura ha mai avuto la fortuna di una grafia uniforme ed univoca adoperata dai suoi primi documenti scritti fino al presente.
Il Wolf critica anche alcune mie etimologie, ma, come gli capita spesso di fare, tralascia di proporne una sua personale: ad es. egli respinge la mia connessione del protosardo túrgalu «trogolo», col tedesco Trog «trogolo», ma non spende una sola parola per spiegare questa evidente convergenza di vocaboli. Inoltre non cita mai nessuna mia etimologia azzeccata, neppure quando sembra di approvarla, come quando cita il vocabolo puliakesos.
Anche questa volta il Wolf si arroga il ruolo di Cerbero messo a guardia delle norme della fonetica storica della lingua sarda, ma intanto stupisce grandemente che egli ignori la importante norma fonetica, secondo cui le vocali o ed u si scambiano indifferentemente quando precedono la vocale í tonica: cotína e cutína, molínu e mulínu, oliva e uliva, Coddína e Cuddína (cfr. M. Pittau, Grammatica della Lingua Sarda, Sassari 1991, § 21). Stupisce molto che egli non si sia ancora accorto di un abbastanza vistoso fenomeno fonetico che interessa tutta la zona del Nuorese, fenomeno che io aveva già segnalato 50 anni fa, nel mio libro Il dialetto di Nuoro, il più schietto dei parlari neolatini - Grammatica, Bologna, 1956, § 36 (nuova edizione Grammatica del Sardo-Nuorese, Bologna 1972, § 26): tuttora si constata di continuo lo scambio dei fonemi th/t. Ed io ne avevo già dato la spiegazione: siccome, per il pressante influsso della lingua italiana, il th si sta trasformando in t, avviene spesso che per ipercorrezione i parlanti trasformino l'originario t in th. Pertanto l'obiezione che egli mi fa circa il mio accostamento di rethi con teti, tethi (che esiste realmente!) e di gathile con gattu è priva di fondamento.
Io non ho citato a ragion veduta il verbo idergíteboso «affrettatevi» dell'ALIT 1667, perché l'esatta pronunzia è irdergítebboso, col rafforzamento della [b]. E potrei continuare punto per punto...
Il mio recensore poi approfitta di una circostanza del tutto marginale per segnalare che Brigitte Schirmer ha stroncato la mia opera La Lingua Etrusca - grammatica e lessico (Nùoro 1997), però mostra di non sapere che questa signora o signorina è una "illustre sconosciuta", almeno nel campo degli studi sulla lingua etrusca.
Qualche mese fa, nella dedica dell'estratto di un suo articolo che mi aveva mandato, il Wolf aveva scritto: «ammiro la tua operosità»; nella recensione che sto discutendo invece egli sottolinea, a titolo di malcelata presa in giro, che ho pubblicato «26 libri, di cui dodici dopo il 1984». La questione è che io lavoro, scrivo e pubblico, mentre non mi interessa di rispondere punto per punto alle recensioni pignolesche e tanto meno di "cercare il pelo nell'uovo" nelle pubblicazioni altrui, che sembra essere l'attività preferita dal Wolf. D'altra parte gli vengo incontro affinché possa mandare avanti meglio la sua presa in giro: nel dicembre scorso è comparso un altro mio libro intitolato Lingua e civiltà di Sardegna (II) (Cagliari 2004, Edizioni della Torre), entro il corrente mese di febbraio comparirà la mia Grammatica del sardo illustre (Sassari 2005, Delfino Editore); entro l'anno comparirà almeno una di queste altre mie opere: la II edizione della mia fortunata opera I Cognomi di Sardegna - indigeni e forestieri; una Storia dei Sardi Nuragici e la nuova edizione dell'altra mia fortunatissima opera La Sardegna Nuragica. E son tutte opere che valgono molto più delle recensioni, nelle quali nessuno può negare che domini una cultura di riporto o riflessa, non una cultura inventiva o creativa.

Massimo Pittau

*Questo studio è già stato pubblicato nella rivista «Quaderni Bolotanesi», numero 31 dell’anno 2005.


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