Il toponimo Mamoiada

In passato io mi sono interessato espressamente del nome del paese di Mamoiada per due volte, scrivendo sull'argomento due brevi articoli. Debbo precisare, però, che né il primo né il secondo mi aveva lasciato soddisfatto, anzi mi aveva lasciato in notevole perplessità. Proprio per questa circostanza è del tutto inutile che io inizi il mio discorso odierno prendendo lo spunto da quanto ritenevo di avere acquisito in quei miei studi precendenti. L'unica cosa che mi sembra opportuno ricordare è questa: nel primo mio studio, pubblicato in un inserto intitolato «Chi siamo» del quotidiano sassarese «La Nuova Sardegna» del marzo 1984, avevo sostenuto la tesi che il toponimo Mamoiada fosse di origine latina o neolatina, mentre nel secondo, che comparve nel mio libro I nomi di paesi città regioni monti fiumi della Sardegna - significato e origine (1) ho sostenuto che il toponimo fosse protosardo o - come ormai preferisco dire - "sardiano" e dunque risalente alla antichissima lingua parlata dai Sardi prima della loro latinizzazione linguistica conseguente alla conquista della Sardegna da parte dei Romani.

Siccome di recente ho avuto modo di conversare col rag. Salvatore Canneddu, nativo di Mamoiada ma da parecchio tempo residente a Sassari, una sua considerazione di carattere geografico relativa al suo paese natale, mi ha fatto subito ritornare al mio primo punto di vista ed anche fatto cadere la mia precedente perplessità: il toponimo Mamoiada (propriamente Mamojada o Mamujada) è di origine latina e la sua spiegazione etimologica che oggi presento ha un elevato grado di verosimiglianza o di probabilità. È da precisare che in glottologia o linguistica storica "dimostrazioni cogenti" non sono possibili, perché non possono essere "verificate" con la ripetizione sperimentale dei fatti, ma sono possibili solamente "ipotesi più o meno verosimili o più o meno probabili". Ebbene, quella che presento oggi del toponimo Mamoiada ritengo che appartenga al numero di quelle etimologie che hanno un assai elevato grado di verosimiglianza o probabilità.

La considerazione di carattere geografico che l'amico S. Canneddu mi ha fatto è la seguente: Mamoiada è in una posizione strategica rispetto a numerosi paesi della Barbagia; più precisamente essa è posta in un sito che è centrale rispetto ai seguenti paesi: Orgosolo, Fonni, Lodine, Gavoi, Ollolai, Olzai, Sarule ed Orani; e questa posizione - mi diceva ancora S. Canneddu - non poteva non essere presa in considerazione dai Romani nella loro opera di controllo militare dell'intera Barbagia.

Ho accettato questa chiara e importante considerazione e subito ne ho tratto la convinzione di avere finalmente trovato la etimologia, cioè l'origine del toponimo Mamoiada.

Premetto che Mamoiada in documenti medioevali risulta anche nella forma di Mamoyata (Rationes Decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV - Sardinia num. 2465 degli anni 1346-1350), Mamujata (Codex Diplomaticus Sardiniae I 836/1 del 1388) e Mamoyata (G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 130.29, 198.20 degli anni 1580-89). Ebbene, in questa forma il toponimo già ad una prima impressione si presenta come un vocabolo neolatino e più precisamente come un participio passivo latino al femminile. Premetto ancora che il sito in cui si trova Mamoiada di certo risultava nel tracciato romano di strada naturale che attraversava la Sardegna centrale e montana, di cui nel famoso "Itinerario di Antonino" (primi del III sec. d. C.) sono indicate, riassuntivamente, le mansioni o stazioni di Caput Tyrsi, nell'altipiano di Buddusò e di Sorabile presso Fonni. Io lo chiamo «tracciato romano di strada militare», mentre escluso che si possa chiamare - come finora è stato erroneamente fatto da storici moderni anche autorevoli - «tracciato di strada militare romana». A mio fermo giudizio i Romani nel centro montano della Sardegna non hanno costruito nessuna strada propriamente "romana", come dimostra il fatto che non è stato mai trovato alcun miliario romano nell'intero suo percorso; quello indicato dall'"Itinerario di Antonino" non è altro che un tracciato relativo a comuni tratturi naturali già conosciuti e adoperati dai Barbaricini soprattutto nello spostamento delle loro greggi anche prima della conquista romana della zona, tratturi che evidentemente dovevano essere conosciuti e percorsi anche dalle truppe romane nei loro spostamenti nella zona. Sull'argomento pertanto si è commesso un notevole errore di prospettiva, che sarebbe del tutto analogo a quello che commetterebbe un futuro storico della Sardegna, il quale, ritrovando un itinerario turistico delle strade della odierna Sardegna del 2001 dopo Cristo scritto in tedesco, interpretasse e dicesse che quelle strade sono state costruite dai Tedeschi...

Ciò premesso, chiamo in causa un verbo del latino parlato, che per il vero avevo già indicato nel primo dei miei due citati studi: il verbo manubiare che un antico glossario latino, che noi adesso conosciamo nella trascrizione del noto umanista italiano Giulio Cesare Scaligero (1484-1558), ma che probabilmente risale ad Isidoro di Siviglia (570-636 d.C.), dice che significava «vigilare, pernoctare», cioè «vegliare, passare la notte» (2). Ed interpreto che il toponimo Mamoiada sia derivato da una originaria (mansio oppure statio) manubiata, cioè «fermata o stazione sorvegliata», sorvegliata da un presidio militare romano stanziato in maniera permanente nel sito. E questa denominazione sarebbe simile od analoga a quella di un'altra stazione che l'Anonimo Ravennate cita in un altro tracciato di strada naturale che costeggiava il mare Tirreno e che doveva trovarsi nei pressi di Barì Sardo, Custodia Rubriensis.

Sul piano fonetico la derivazione di Mamujada, Mamujata dal lat. manubiata non implica alcuna difficoltà: il nesso lat. bj + voc. nel sardo centrale dà spesso j; marrubiummarruju, rabiesarrajolare, rubeusruju (3); inoltre in Mamujada abbiamo avuto una pacifica assimilazione della seconda nasale n alla prima m.

Questa mia interpretazione del toponimo Mamoiada come derivato dal lat. (mansio) manubiata trova una forte e - vorrei dire - sorprendente conferma nel nome di uno dei più antichi rioni del nostro paese, su Qastru, che chiaramente deriva dal lat. castrum «recinto fortificato». Dunque a Mamoiada, fin dai primi tempi della conquista della Barbagia, i Romani hanno avuto a lungo un presidio militare permanente, il quale serviva sia a respingere gli attacchi dei Barbaricini, sempre ribelli al dominio di Roma, sia ad attaccarli nei loro centri abitati circonvicini.

Il Castrum o su Qastru «recinto fortificato» romano è situato in una posizione dominante rispetto al resto del paese ed inoltre nelle immediate vicinanze dell'antica fonte del paese chiamata su Qántaru vetzu «la Fonte vecchia»: ovviamente una guarnigione di militari di guardia doveva avere a portata di mano l'acqua per gli uomini e per i loro animali.

Nell'insegna turistica che attualmente nel paese indica la presenza della fonte su Qántaru vetzu, c'è anche la notazione "fonte romana". Ma io ritengo che questa notazione non abbia un fondamento reale, dato che non risulta che siano mai stati trovati nella fonte o nelle sue strette vicinanze resti archeologici romani; io ritengo che quella errata notazione di "fonte romana" sia conseguente al fatto che già nel 1967 il mamoiadino ingegnere Emanuele Melis aveva intravisto che la denominazione del rione su Qastru implicasse che in epoca antica fosse esistito lì un presidio romano (4). Non c'è dubbio che questa fonte sia stata usata anche dai soldati del presidio romano de su Qastru e molto probabilmente essi l'avranno di tempo in tempo ripulita ed anche guarnita di murature; ma non risulta che queste abbiano resistito tanto a lungo nel tempo. La odierna sistemazione muraria della fonte sembra abbastanza recente. E d'altra parte è indubitabile che la fonte esistesse già nel sito da epoca molto più antica, precedente di molto all'arrivo dei Romani nella zona e nel luogo.

Per il vero resti archeologici romani non sono stati trovati neppure in su Qastru, ma questo fatto si spiega facilmente: innanzi tutto il lat. castrum indicava un semplice «recinto fortificato con pali di legno», al massimo circondato da un fossato, in secondo luogo eventuali resti archeologici romani saranno stati distrutti dallo stanziamento umano che a Mamoiada è durato ininterrottamente almeno 2 mila anni. Ed è del tutto chiaro e pacifico che non esiste alcun animale che sia tanto distruttore quanto lo è l'uomo.

D'altra parte esiste un'altra forte ed evidente prova di carattere linguistico che ci offre la assoluta certezza della presenza dei Romani anche nel sito di Mamoiada: anche in questo paese barbaricino si parla uno dei dialetti della lingua sarda, la quale è notoriamente di matrice od origine latina. Se a Mamoiada e del resto anche in tutta la Barbagia non fossero arrivati i Romani e non vi si fossero stanziati a lungo, chi mai e in che modo avrebbe insegnato od imposto ai Barbaricini come loro nuova lingua quella latina?

Il vocabolo lat. castrum «recinto fortificato, castello» ha lasciato molte tracce nella toponimia dell'antico Impero romano; nella sola Italia esistono una dozzina di centri abitati chiamati in questo modo, cioè Castro. Nella stessa Sardegna esiste anche un Castro presso Oschiri, nel quale sono stati trovati anche cippi funerari con iscrizioni latine (5). Nel territorio comunale di Nùoro, al centro del triangolo Nùoro-Mamoiada-Oliena, esiste un sito chiamato su Crastu, ma ritengo che questo toponimo nuorese faccia riferimento ad un roccione a forma di "castello" (castellum è il diminutivo di castrum) che caratterizza la zona. A meno che non si debba pensare ad un altro "recinto fortificato" simile a quello di Mamoiada; ma questa ipotesi andrebbe dimostrata tutta quanta.

Ed infine un altro Crastu esiste fra Nuragus e Laconi, anche questo posto in una posizione strategica di offesa e di difesa rispetto ai sempre ribelli Barbaricini.

Pure a Nùoro in epoca classica quasi certamente esisteva un presidio romano, sempre in vista del controllo della zona circostante e soprattutto della depressione esistente tra l'altipiano di Buddusò e il massiccio del Gennargentu e del conseguente passaggio obbligato tra la valle del Cedrino e quella del Tirso, cioè tra la Sardegna centro-orientale e quella centro-occidentale, sito appunto dove è situato Nùoro. A mio giudizio la traccia toponomastica di quel presidio romano si trova nel toponimo nuorese Corte (senza articolo!) (subito dopo Badu 'e Carros), il quale fa pensare allo stanziamento addirittura di una coorte di militari romani (6).

E certamente un presidio romamo è esistito - non sappiamo per quanto tempo - anche a Fonni, come dimostrano le rovine di bagni romani a Sorabile ed anche una iscrizione romana trovata nell'abitato; e pure ad Austis, che in origine sarà stato un forum Augusti «foro di Augusto», analogo a quello che circa un secolo dopo fu fondato come Forum Traiani, l'odierno Fordongianus (7).

Dunque finiamola una buona volta, noi Sardi, di dire che i Romani non sono mai entrati nella Barbagia e non l'abbiano mai conquistata!

Massimo Pittau


N O T E

1 - Cagliari, 1997, E. Gasperini Editore, opera ormai esaurita, ma di prossima ristampa corretta ed ampliata.

2 - Vedi G. Goetz, Corpus Glossariorum Latinorum, I-VIII, Leipzig, 1888-1923, V 604, 6.

3 - Cfr. M. L. Wagner, Historische Lautlehre des Sardischen, Halle, 1941 (Fonetica Storica del Sardo, traduzione ital. a cura di G. Paulis, Cagliari, 1984), § 226.

4 - E. Melis, Carta dei nuraghi della Sardegna - Monumenti preistorici nel comune di Mamoiada, Spoleto, 1967, pag. 11. Il Melis scrive anche questa notazione: «suona come offesa ed ingiuria la frase: - ti portino a "su presidiu"». Senonché, siccome il vocabolo presidiu è certamente un cultismo piuttosto recente, per parte mia escludo che questa frase risalga fino al tempo dell'esistenza del presidio romano a Mamoiada; se infatti risalisse fino a quel tempo, il vocabolo nel dialetto mamoiadino suonerebbe *presiju.

5 - Cfr. M. Pittau, I nomi di paesi cit. pag. 59

6 - Cfr. M. Pittau, L'origine di Nùoro - i toponimi della città e del suo territorio, Nùoro, 1995, pagg. 20-22.

7 - Cfr. M. Pittau, I nomi di paesi cit. pagg. 30, 76, 77.


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