IL NOME DELL'ITALIA

È PROBABILMENTE ETRUSCO

  

L'Autore in primo luogo procede ad esaminare e poi a respingere, come troppo complessa e difettosa, la proposta etimologica che di recente Domenico Silvestri ha fatto del nome dell'Italia. Poi egli riprende e difende la etimologia tradizionale di questo coronimo, che viene riportato al lat. vitulus, umbro vitlu, greco italós. Però egli fa notare che italós è dato da Apollodoro come un appellativo etrusco, il quale trova una conferma in un vocabolo prelatino della Sardegna, bíttalu «vitellino». Conclude facendo osservare che lo stretto contatto che da secoli esisteva tra gli Etruschi da una parte ed i popoli Italici dall'altra rende molto più probabile o verosimile l'ipotesi che siano stati appunto gli Etruschi a dare quel nome agli Italici e non i Greci.

The Author first examines and then rejects, as too complex and faulty, the etymology of the choronym Italia recently proposed by Domenico Silvestri. Secondly the Author resumes and maintains the traditional etymology of the choronym, that ist derived from Latin vitulus, Umbrian vitlu, Greek italós. Hi still draws the reader's attention on the fact that italós is given by Apollodorhus as an Etruscan appellative, wich is confirmed by a pre-latin Sardinian word, bíttalu «young calf». In conclusion he points out that the close relationship existing for centuries between Etruscans and Italic peoples makes much more probable or likely the hypothesis that in fact Etruscans and not Greeks had given Italic peoples their name.

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In ordine all'etimologia del nome dell'Italia l'ultima presa di posizione è - se non vado errato - quella espressa da Domenico Silvestri in una sua relazione intitolata «Per una etimologia del nome Italia» e tenuta nei Seminari Napoletani degli anni 1996-1998, ma anticipata in un suo più breve scritto del 1993<1>. Sarebbe molto difficile semplicemente riassumere quella relazione, la quale si impone al lettore sia per la straordinaria ricchezza di dati storici, antropologici e linguistici presentati dall'Autore, sia per la solita acutezza di analisi e di giudizio su quei dati, che contraddistingue lo studioso.

Mi piace pertanto invitare i miei pochi lettori ad andare a leggersi quella relazione, dato che oltre che apprendimento di numerosissime nozioni, essi ne potranno ricavare anche un notevole piacere di lettura. Invece rispetto alla etimologia proposta ritengo di poterla sintetizzare in questo modo: premesso un riferimento fatto sia all'isola di Lemno sia all'isola d'Elba che in antico venivano chiamate anche Aithále «la Fumosa o la Fumante» a causa delle numerose fornaci di metalli ivi esistenti, anche per il coronimo Italia il Silvestri richiama questa base greca e prospetta la seguente trafila etimologica: *Ait(h)alía > *Eitalía > *Etalía > Italía. Sul piano semantico il Silvestri ritiene che l'Italia avesse in origine il significato di «Fumante od Infuocata» anch'essa per le "fornaci di metalli" e/o come «terra del tramonto infuocato» e/o per la pratica agricola della "debbiatura", cioè del bruciamento dei terreni in un primo tempo per disboscarli, in un secondo per predisporli al meglio per la successiva aratura e seminatura.

Senonché, a mio modesto avviso, la nuova etimologia del coronimo Italia proposta dall'illustre collega, non può essere accettata, per il fatto che essa zoppica parecchio sia sul piano fonetico sia su quello semantico.

Facendo riferimento al piano fonetico, muovo queste tre obiezioni: a) È appena il caso di ricordare che costituisce un punto debolissimo per una qualsiasi etimologia quando per essa si propone una base semplicemente supposta ma non attestata o documentata. E per la sua etimologia il Silvestri non presuppone una sola base, ma addirittura ne presuppone tre: *Aitalía, *Eitalía, *Etalía.

b) Il Silvestri dice esplicitamente che la base proposta «è greca o, meglio, protogreca», mentre, per sua stessa ammissione, per il passaggio ai > ei > e egli chiama in causa una norma di fonetica della lingua etrusca.

c) Dell'ultimo passaggio delle vocali iniziali *E- > I- il Silvestri in effetti non dà una spiegazione e giustificazione convincente ed inoltre del passaggio delle consonanti th > t egli non ne dà alcuna.

Sul piano semantico muovo queste altrettante obiezioni: a) La denominazione di Aithále «Fumosa, Fumante» per le isole di Lemno e d'Elba era perfettamente giustificata dalla fama che le due isole si erano conquistate per l'estrazione e per la lavorazione dei metalli, mentre questa denominazione non ha una sua ragione di essere rispetto a quella che il Silvestri ritiene essere stata l'originaria Italia, cioè rispetto al Bruttium, ossia l'odierna Calabria. Vero è che il Silvestri accetta l'ipotesi che identifica la omerica Temesa () col Bruttium (mentre altri interpreti la identificano con Cipro), verso cui Minerva, sotto le finte spoglie di Mente, dice di andare per la ricerca di bronzo (Od. I, 183). Ma anche nella ipotesi che questa identificazione sia esatta, non risulta da alcun dato storico né archeologico che il Bruttium fosse una terra particolarmente ricca di metalli e quindi caratterizzata dalla grande abbondanza di fornaci per la loro lavorazione, tanto da meritarsi il titolo di «Terra Fumante od Infuocata».

b) Se invece nella denominazione dell'originaria Italia come «terra infuocata», si sottolinea l'idea di «terra del tramonto infuocato», cioè di «terra dell'Occidente», neppure questa circostanza mette l'antico Bruttium in una posizione di privilegio: per i Greci anche la penisola salentina, la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, la Numidia nell'Africa settentrionale, la Iberia e la Gallia erano altrettante «terre del tramonto o dell'Occidente».

c) Infine il titolo di «terra fumante» l'antico Bruttium non poteva meritarselo in maniera particolare neppure rispetto alla pratica agricola della debbiatura, dato che questa certamente da epoca preistorica vigeva, non solamente nel Bruzio, ma anche in tutte le terre del Mediterraneo, a cominciare da quello orientale e compresa la Grecia.

Infine è importante osservare che, se fosse vera la tesi del Silvestri, la stranezza della coincidenza dei nomi delle isole di Lemno e d'Elba con quello dell'Italia non sarebbe sfuggita agli autori greci e latini ed essi non avrebbero fatto a meno di segnalarla; cosa che invece nessuno di loro ha fatto.

Bisogna precisare per il vero che il Silvestri, prima di prospettare la sua etimologia del coronimo Italia, ha proceduto a criticare ed a respingere quella tradizionale, molto antica ed anche assai nota, quella che lo connette col lat. vitulus, umbro vitlu «vitello» e col greco italós «toro». Ed il Silvestri ritiene di potersi liberare da quella connessione con due argomentazioni, che però a me non sembrano convincenti.

In primo luogo il Silvestri dice che l'appellativo italós «toro» non sarebbe mai esistito e sarebbe una pura e semplice "invenzione" degli autori antichi che si sono interessati del nostro problema ed hanno tentato di risolverlo creando ex novo per l'appunto quel vocabolo. Ma io obietto all'egregio collega: come si fa a dichiarare un vocabolo antico una semplice "invenzione", quando esso risulta citato da cinque o sei autori antichi? Tutti i vocabolari greci, anche quelli etimologici, hanno centinaia di hapax legómena, a cominciare da quelli dei poemi omerici per finire con quelli di Esichio e dell'Etymologicum Magnum, eppure sia i filologi sia i linguisti li prendiamo tranquillamente in considerazione nelle nostre ricerche e nelle nostre analisi. Ed infatti l'appellativo italós «toro» è regolarmente entrato anche nell'elenco delle glosse greco-etrusche che compare in quasi tutte le opere relative alla lingua etrusca, ad es. nel Thesaurus Linguae Etruscae<2>.

In secondo luogo il Silvestri ritiene e dice che l'accostamento che gli autori antichi, greci e latini, facevano del nome dell'Italia con gli appellativi lat. vitulus, umbro vitlu «vitello» e greco italós «toro» sarebbe effetto di una semplice "paretimologia". Ma anche qui non ci sto col collega, non possiamo starci. Premesso che una volta Santo Mazzarino scrisse che noi moderni abbiamo il dovere ed anche l'interesse a ritenere gli Antichi molto meno ingenui di quanto spesso li facciamo, io dico che non è metodologicamente corretto disattendere del tutto il parere, che quasi sempre si caratterizza come una autentica "testimonianza", di cinque o sei scrittori antichi in ordine a quella connessione. Ci riterremmo grandemente fortunati noi studiosi moderni, storici archeologi e linguisti, se intorno ad un certo fatto ci fosse il concorde parere e la concorde testimonianza di sei autori antichi; nella maggioranza dei casi noi studiosi moderni siamo costretti ad accontentarci di un solo parere, di una sola testimonianza.

D'altra parte mi sento in dovere di precisare che capisco bene il motivo di fondo per il quale il Silvestri ha respinto in blocco la tradizionale connessione etimologica del coronimo Italia col lat. vitulus, umbro vitlu e greco italós: perché in quella connessione qualcosa non filava, ragion per cui anche autorevoli linguisti hanno di recente manifestato su di essa qualche perplessità, che li portano a mantenere sostanzialmente sospeso il loro giudizio di fondo<3>. A mio giudizio, quest'ultima circostanza è conseguente al fatto che nella ricostruzione della storia del coronimo Italia e cioè della sua etimologia, risulta mancante ancora qualche tassello, tassello che per l'appunto io col presente studio mi propongo di individuare e di proporre con l'intento e la speranza di rendere finalmente accettabile la sua etimologia tradizionale.

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In linea generale dico di ritenere che in ordine al nostro problema in realtà gli storici ed i linguisti che se ne sono interessati hanno acquisito numerosi e notevoli dati positivi. Nella esposizione, che ora farò, dei punti finora proposti ed acquisiti ritengo opportuno presentare soltanto quelli essenziali e di tralasciare invece gli elementi marginali, quelli che potrebbero generare nient'altro che confusione e quindi dubbi nel lettore.

I vocaboli Italía ed Italói ovviamente compaiono per le prime volte in autori greci. Ad es. Italía è citata per la prima volta da Erodoto (1.24.1).

Sembra che per Italía i Greci all'inizio intendessero solamente la punta meridionale della nostra Penisola, l'antico Bruttium (Calabria); e per intendevano gli abitanti della Penisola, con i quali essi vennero in contatto soprattutto per effetto della colonizzazione che gli stessi Greci fecero di quella che verrà chiamata la «Magna Grecia» (Megále Hellás), quei popoli che noi moderni adesso chiamiamo gli Italici, cioè Umbro-Sabelli, Equi, Volsci, Sanniti, Campani, Lucani, Bruzi, Piceni, ecc. Non risulta accertato se tra gli Italói i Greci includessero anche i Romani, mentre è certo che non includevano gli Etruschi. Infine sempre i Greci chiamavano Italiótai i loro connazionali delle colonie della Magna Grecia.

In generale fra i linguisti risulta ormai quasi del tutto pacifico il ritenere che non siano stati gli Itali a derivare il loro nome dall'Italia, ma, viceversa, è stata questa a derivare il suo nome da quelli.

Come abbiamo visto, già gli autori antichi avevano connesso il nome degli Itali con l'appellativo greco italós «toro» e con quello umbro vitlu e col lat. vitulus «vitello» ed avevano spiegato il nome dell'Italia come Ouitoulía «terra dei vitelli» (Ellanico presso Dionisio d'Alicarnasso, I 35). Questa connessione era stata sostenuta anche da Timeo e Varrone (R.R. 2,5,3), i quali la spiegavano così: quoniam boves Graeca vetere lingua italói vocitati sunt, quorum in Italia magna copia fuerit (Gellio, N. A., XI, 1). E da parte sua Festo (75 L) spiegò che Italia dicta quod magnos italos, hoc est boves habeat; vituli etenim ab Italis <itali> sunt dicti.

D'altra parte sempre questa connessione trovò perfino una rappresentazione figurata nelle monete osche che furono coniate durante la "guerra sociale", con la figura del toro e con l'epigrafe Víteliú, Vítelliú, sia che questa parola alluda a Corfinio od Italica, capitale degli Italici, sia che debba intendersi come nome della dea Italia (vedi CIL IX 6088).

Però gli studiosi moderni hanno preferito aggiustare alquanto il riferimento ai vitelli: hanno pensato che il vitello o torello o toro fosse l'animale totemico degli Italici od almeno di qualche loro ramo, ricordando come anche il nome di qualche altra popolazione italica derivava appunto da quello di un animale: Hirpini da hirpus «lupo». Picentes da picus «picchio».

Ma qui sono cominciate le difficoltà e di qui hanno avuto origine le perplessità espresse da alcuni linguisti. Ai fini della spiegazione etimologica del nome degli Itali e dell'Italia sono stati dunque chiamati in causa sia il greco italós «toro», sia il latino vitulus e l'umbro vitlu «vitello». Senonché da una parte da questi vocaboli latino ed umbro ci saremmo aspettati come nome degli Italici *Vit(u)li e come nome della loro terra *Vit(u)lia, dall'altra la corrispondenza fra il greco italós ed il lat. vitulus ed umbro vitlu urta contro evidenti discrepanze fonetiche, compresa la differente lunghezza della prima vocale /i/, lunga nel vocabolo greco, breve in quello latino-umbro.

E qui intervengono i tasselli ultimi che io mi lusingo di inserire nella prospettazione della etimologia che ci interessa.

Il vocabolo italós «toro» ci viene tramandato in veste greca ed anche da autori greci; però uno di questi, Apollodoro (2, 5, 110), ci dice che esso era tirrenico, cioè etrusco: «i Tirreni infatti chiamavano italón il toro». Questa notizia ci viene confermata dall'autore bizantino Giovanni Tzetzes (Lycophr., Alex., 1232), il quale può senz'altro averla derivata da Apollodoro, ma può averla derivata anche da qualche altra fonte antica. Invece ha chiaramente errato Esichio ad attribuire l'appellativo italós ai Romani, a meno che non si debba pensare che sino a lui fosse arrivato il ricordo della credenza della nazionalità etrusca della città di Roma, credenza che avevano avuto in precedenza alcuni autori greci.

Perché fino ad ora la notazione della "etruschicità" del vocabolo italós «toro» è stata trascurata del tutto dagli autori che si sono interessati dell'etimologia del coronimo Italia? Non c'è da dubitarne: perché in linea generale l'etrusco da molti linguisti viene ancora considerato una lingua tabù, una lingua dell'hic sunt leones. Io che invece non pago alcun tributo a questa idea, anzi a questo preconcetto, non trovo difficoltà ad accettare ed affrontare la connessione tra l'etrusco italós da un lato e il latino ed umbro vitulus, vitlu dall'altro, anche se rinvio ad un'altra occasione il tentativo di dare una spiegazione ultima di questa connessione. Per ora mi limito ad affermare che quella connessione è solidamente fondata su chiare e strette convergenze sia fonetiche che semantiche.

Inoltre dico e segnalo che a favore della effettiva realtà dell'appellativo etrusco italós interviene una importante conferma da parte di un appellativo della lingua sardiana, ossia di quella che i Sardi primitivi o Protosardi parlavano prima della conquista romana della loro isola e della loro completa latinizzazione linguistica, lingua che da un ventennio io sto sostenendo - preceduto però dal linguista svizzero Johannes Hubschmid - essere imparentata con quella etrusca.

In Sardegna per effetto della conquista romana è effettivamente arrivato l'appellativo vitulus «vitello», però nella sua forma tarda *vit(u)lu, *vic(u)lu, che ha regolarmente dato luogo all'odierno sardo vicru, vricu, bigu, biju «vitello». Però esiste in Sardegna anche un appellativo bíttalu, bíttulu, bíttaru, bítturu «vitellino, caprioletto, dainotto, cerbiatto», che per motivi fonetici non può essere derivato da quello latino e che pertanto gli specialisti della lingua sarda riteniamo essere sardiano o protosardo<4>. Ebbene il sardiano o protosardo bíttalu corrisponde chiaramente all'etrusco italós ed mostra in maniera del tutto evidente di corrispondere anche al lat. vitulus ed all'umbro vitlu.

È del tutto ovvio che per l'etrusco si deve supporre una base originaria *vitalu, in cui il digamma iniziale sarà caduto, con un fenomeno abbastanza frequente nella lingua etrusca<5>.

E la conclusione ultima e mi sembra del tutto limpida è la seguente: l'etnico Itali ed il coronimo Italia non derivano dal lat. vitulus né dall'umbro vitlu, ma derivano dall'etrusco italós «toro».

In termini culturali generali non deve stupire per nulla il fatto che siano stati gli Etruschi a dare il nome di Itali agli antichi abitanti della Penisola e quello della loro terra Italia: da una parte gli Etruschi vissero a lungo in stretto contatto con quei popoli, ad iniziare dalla Campania, per continuare con il Lazio e l'Umbria e per finire col Piceno, dall'altra essi hanno proceduto ad acculturare quei popoli Italici sia con l'importantissimo strumento della scrittura sia con la loro superiore cultura e con la maggiore potenza economica ed anche militare (Plinio, N.H., III, 112, ricorda che gli Etruschi strapparono agli Umbri 300 città).

Mi sembra inoltre che sia piuttosto difficile accettare l'ipotesi che in effetti il nome dato dagli Etruschi agli Italici fosse la "traduzione" di un corrispondente vocabolo italico, per il fatto che non risulta che questi ultimi si siano mai chiamati *Vit(u)li o *Vitali. Non solo, ma alla base della denominazione data dagli Etruschi agli Italici si può forse intravedere anche una notazione negativa espressa dai primi nei confronti dei secondi. La denominazione infatti di «Vitelli», data agli Italici dai più forti, civili e boriosi Etruschi poteva ben avere il carattere della vera e propria "presa in giro". Fra gli Etruschi e gli Italici non correva affatto buon sangue, come risulta anche dalle Tavole bronzee di Gubbio, dalle quali appare chiaro l'odio che gli Umbri avevano per gli Etruschi. E questi si saranno vendicati anche ricorrendo all'arma del dileggio...

Ritornando al Silvestri dico che mi sembra molto più ovvio ritenere che siano stati gli Etruschi e non affatto i Greci a dare il nome di Itali alle popolazioni della Penisola, come effetto della circostanza che gli Etruschi, molto più dei Greci, sono stati a lungo a strettissimo contatto con i popoli Italici secondo una linea geografica diagonale ed arcuata, con convessità rivolta ad occidente, che attraversava quasi tutta la Penisola, partendo da Pontecagnano in Campania e finendo a Cupra nelle Marche<6>. Inoltre questa lunga linea di confine e di contatto tra gli Etruschi e gli Italici è in grado di spiegare alla perfezione la diffusione che il coronimo Italia ha avuto in tutta la Penisola, mentre non si può affatto negare che l'ipotesi del diffondersi di questo coronimo dal lontano ed isolato Bruttium verso il settentrione era un evento pochissimo comprensibile ed accettabile. In effetti il Bruttium è da chiamare in causa solamente in quanto in quella regione i coloni greci delle città di Locri, Crotone e Sibari saranno venuti in contatto per la prima volta con l'etnico di origine etrusca Itali e col coronimo Italia.

In maniera analoga mi sembra che sia altrettanto evidente che è molto difficile ipotizzare che sia stato uno od alcuni dei popoli Italici a diffondere nell'intera penisola l'etnico Itali e il coronimo Italia piuttosto che gli Etruschi. Infatti, mentre la già citata lunga linea di confine e di contatto risultava spezzettata rispetto ai singoli popoli Italici, risultava invece del tutto continua rispetto agli Etruschi.

Che gli Etruschi conoscessero ed usassero il nostro etnico è dimostrato dall'antroponimo Italus, probabilmente «(è) di Italo», che compare su un vaso rinvenuto ad Adria (Ad 2.51 - rec; H. Rix).

Concludo dicendo che è del tutto evidente che l'etimologia proposta dal Silvestri, quand'anche non fosse carica dei difetti che ho su segnalato, risulta assai più complicata e più costosa e quindi molto meno probabile e verosimile di quella che oggi io propongo e difendo. Della eccessiva complicatezza della sua etimologia il Silvestri ha avuto piena consapevolezza, tanto è vero che ha concluso il suo scritto con un tentativo di spiegarla e di giustificarla (art. cit., pag. 234).***

Massimo Pittau

massimopittau@tiscali.it

 


N O T E

<1> Il mondo enotrio tra VI e V secolo a.C., Atti dei seminari napoletani (1996-1998), a cura di M. Bugno e C. Masseria, Loffredo Editore, Napoli, 2001, pagg. 207-238.

<2> Thesaurus Linguae Etruscae, I Indice lessicale, Roma, 1978; I Supplemento, 1984; Ordinamento inverso dei lemmi, 1985; II Supplemento, 1991; III Supplemento, 1998, Consiglio Nazionale delle Ricerche.

<3> Cfr. G. B. Pellegrini, Toponomastica Italiana, Milano, Hoepli, 1990, pag. 69; C. Marcato, nel Dizionario di Toponomastica, Torino, 1990, UTET, s. v.; M. Cortelazzo - P. Zolli, Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, II ediz., Bologna, Zanichelli, 1999, s. v. italo.

In precedenza si erano interessati del coronimo i seguenti autori: F. Ribezzo, in «RIGI», 4/1-2, 1920, 99-100; M. Orlando, in «Spigolature glottologiche», 3, 1928, 1-126; A. Walde - J.B. Hofmann, Lateinisches Etymologisches Wörterbuch, I -III, Heidelberg, 1938, 1954, 1956; A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire Étymologique de la Langue Latine, IV édit., IV tirage, Paris, 1985; G. Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Firenze, 1968, Le Monnier, s.v.; F. Rauhut, in «Paideia», 8, 1953, 1-13; G. Alessio, Corso di Glottologia, II ediz., Napoli, 1969, Liguori Editore, pagg. 263, 267, 278, 280, inoltre negli «Atti del I Congresso storico calabrese», Cosenza, 15-19 settembre 1954 (Tivoli, 1957, 1-53).

<4> Cfr. M. L. Wagner, Dizionario Etimologico Sardo, I-III, Heidelberg, C. Winter, 1960-1964; M. Pittau, Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed etimologico, I vol., Cagliari, 2000, II vol. 2003; M. Pittau, La Lingua Sardiana o dei Protosardi, Cagliari, 2001, E. Gasperini Editore, pag. 94.

<5>. Cfr. M. Pittau, La Lingua Etrusca - grammatica e lessico, Nùoro, 1997, ediz. "Insula" (Libreria Dessì, Sassari), § 15.

<6> A Pontecagnano sono state trovate iscrizioni etrusche; cfr. H. Rix, Etruskische Texte, Editio Minor, I Einleitung, Konkordanz, Indices; II Texte, Tübingen, Gunter Narr Verlag, 1991, II vol., pag. 12.

Strabone (V 4, 2), parlando del Piceno, dice: «Segue poi il santuario di Cupra innalzato e dedicato dagli Etruschi; danno essi a Giunone il nome di Cupra». E dico di stupirmi per il fatto che questa glossa Koupra = «Giunone» non sia stata inserita nell'elenco delle glosse greco-etrusche che compare nel cit. Thesaurus Linguae Etruscae.

 

***Studio pubblicato nella «Rivista Italiana di Onomastica», RIOn, vol. IX (2003), 1, pagg. 86-92) (Società Editrice Romana).