ETIMOLOGIA DEL TOPONIMO ROMA

 

Gli ultimi interventi fatti da linguisti sul problema dell'etimologia del toponimo Roma sono stati, se non vado errato, quelli di Giovan Battista Pellegrini e di Carla Marcato, rispettivamente nelle opere Toponomastica Italiana e Dizionario di Toponomastica <1>. I due linguisti però, in due trattazioni del resto molto brevi, non hanno presentato alcuna loro proposta personale, mentre si sono limitati a tracciare le linee essenziali della questione, che essi giudicano come ancora del tutto aperta; inoltre entrambi hanno rimandato alla ormai vecchia posizione di Bruno Migliorini, da lui trattata ex professo in un suo studio intitolato Sull'origine del nome di Roma, che è del 1928 e sempre da lui riassunta nella Enciclopedia Italiana, che è del 1936. D'altra parte è un fatto che anche il Migliorini ha concluso l'ultimo suo intervento scrivendo: «In conclusione, allo stato odierno degli studî, il problema etimologico deve essere considerato ancora aperto» <2>.

Anche io ritengo opportuno rifarmi a questo studio del Migliorini per due importanti considerazioni: innanzi tutto perché, avendo egli proceduto a criticare ed a spazzare via in maniera definitiva alcune proposte che sull'argomento erano state fatte in precedenza, non mi sento in obbligo di fare altrettanto in questo mio intervento odierno e del resto non ne vedrei alcuna utilità; in secondo luogo perché il Migliorini ha, a mio giudizio, posto una importante e solida base per la soluzione del problema, tale che la ritengo utile e necessaria per la soluzione che io personalmente intendo proporre in questo mio studio.

L'importante e solida base posta dal Migliorini, sia pure in un certo qual modo preceduto da A.W. Schlegel e da F. Kortüm <3>, è questa: «Roma non sarebbe che l'arcaico ruma "mammella", applicato metaforicamente al Palatino "colle-mammella"». Di questa tesi fondamentale del Migliorini io dichiaro di accettare la prima parte, quella propriamente linguistica, che collega il toponimo Roma all'appellativo ruma «mammella», mentre dichiaro di respingere la seconda parte, quella geomorfica e topografica, che fa riferimento al colle Palatino.

Per quanto riguarda l'identificazione Roma = ruma «mammella» innanzi tutto intendo rafforzarla con alcune notazioni di carattere storico-culturale mettendo avanti e sottolineando quattro differenti fatti: 1°) Nel mito dei gemelli Romolo e Remo c'è un implicito riferimento alle «mammelle» quando si narra che essi furono allattati da una lupa. 2°) Il fico, posto ai piedi del Palatino, sotto il quale la lupa avrebbe allattato i due gemelli, aveva la denominazione di ficus ruminalis, che in effetti significava "fico dell'allattamento". 3°) In linea generale c'è da ricordare che il fico è per sua natura una pianta particolarmente lattiginosa. 4°) Rumina, la dea dei poppanti, veniva venerata in un tempio vicino al ficus ruminalis ed inoltre veniva onorata con sole libagioni di latte <4>.

Invece, al riferimento effettuato dal Migliorini dell'idea di «mammella» al colle Palatino, dove secondo la tradizione Romolo avrebbe fondato la sua Roma quadrata, muovo le seguenti obiezioni: 1°) Nella zona dove è sorta Roma non esisteva solamente il colle Palatino, ma esistevano altri sei colli, anzi anche di più; ragion per cui è piuttosto difficile pensare che uno solo venisse chiamato «mammella», dato che molto probabilmente anche altri colli avranno avuto suppergiù la medesima forma. 2°) Siccome il Palatino è stato abitato fin dai periodi più antichi di Roma e quindi la sua sagona di certo è stata trasformata dal continuo processo di urbanizzazione, nessuno sarebbe in grado adesso e probabilmente neppure la memoria storica dei Romani sarebbe stata in grado di asserire che in origine il Palatino avesse la forma di una «mammella». 3°) E'molto difficile supporre che al Palatino sia stato attribuito il nome di ruma «mammella», dato che il colle aveva già, da epoca molto antica, il suo nome, quello di Palatium oppure mons o collis Palatinus appunto. 4°) Il Migliorini ha fatto un implicito riferimento al seno femminile, quando ha ricordato che «il mons Palatinus.... aveva due vette, il Germalo e il Palatium, divise da una valletta, l'intermontium» <5>. Senonché io obietto: se la connessione del Migliorini fosse esatta, allora avremmo avuto il toponimo Roma anche e soprattutto al plurale, cioè anche Romae,-arum, per indicare le due mammelle o due vette del colle; cosa che invece non risulta affatto <6>. 5°) La tesi del Migliorini secondo cui in origine Roma indicava il colle Palatino viene contraddetta radicalmente dalla denominazione di una antica porta della città quadrata, la Porta Romana o Porta Romanula, situata nell'angolo nord-ovest del Palatino. In tutti i tempi e in tutti i luoghi infatti le porte delle città fornite di mura hanno preso il nome da quello del principale sito esterno cui erano rivolte e non dal nome della città verso cui erano aperte e di cui facevano parte. 6°) La tesi del Migliorini ha il difetto di trascurare la connessione linguistica che è stata fatta da numerosi studiosi del toponimo Roma con Rumon, il quale, secondo la testimonianza di Servio sarebbe stato l'antico nome del fiume Tevere <6>. 7°) La tesi del Migliorini ha il difetto di prescindere dalla effettiva realtà geografica di Roma, sia nel suo iniziale sorgere sia durante la sua lunga storia, di trascurare cioè la sua strettissima connessione col fiume Tevere.

Perché Roma è sorta dove è sorta? In altre parole: quale fondamentale motivazione geografica sta alla base della sua nascita e del suo progresso quasi incredibile col passare dei secoli? Non lo si può mettere in dubbio: la nascita e la vita di Roma è stata strettamente collegata al fiume Tevere, tanto che da molti studiosi è stata definita la «città del fiume» <7>. Più precisamente, Roma è sorta sulla riva del Tevere nel tratto in cui questo era perfettamente navigabile, anzi nel punto ultimo fino al quale era possibile risalirlo facilmente, costituendo una via di comunicazione molto importante fra il Mar Tirreno e tutto il retroterra situato a monte della città. Inoltre - e questo è un fatto ancora più importante - Roma è sorta nel punto più basso rispetto alla foce, nel quale era ancora possibile guadarlo <8>, nella direzione nord-sud che andava dalla Etruria al Lazio meridionale (Latium vetus) ed alla Campania.

Più esattamente, il punto in cui in epoca antica il Tevere nel suo corso inferiore risultava più facilmente guadabile era l'isola Tiberina, la quale, con la divisione in due della corrente del fiume, ne consentiva il guado a piedi oppure a cavallo. A questo proposito è appena da accennare al fatto che in quei lontani tempi di certo il fiume non aveva argini, per cui il suo letto era molto più largo e quindi molto meno profondo e dunque la sua corrente era molto meno forte di adesso. In conseguenza di questo stesso fatto è da supporre che allora l'isola Tiberina fosse più grande di adesso. Ecco, all'inizio Roma in via generica è sorta in funzione del fiume Tevere, in via specifica è sorta in funzione dell'isola Tiberina e del suo guado <9>. Ciò è dimostrato ampiamente dal fatto che molti storici moderni, parlando della Roma primitiva, accennano appunto al «guado» senza specificarlo, ed intendono riferirsi appunto al guado dell'isola Tiberina <10>. Ma l'importanza primaria ed essenziale di questo guado nella Roma primitiva è in maniera e misura più significativa dimostrato dal fatto che il sostantivo lat. vadum «guado» è corradicale del verbo vadere «andare» in assoluto ed esiste anche la possibilità che il verbo derivi dal sostantivo, dimostrando con ciò l'estrema importanza che il guado aveva nella vita della Roma primitiva.

In epoca successiva, a valle e nelle immediate vicinanze dell'isola Tiberina i Romani costruirono il loro primo ponte sul Tevere, il ponte Sublicio (= "ponte fatto con pali di legno" <11>). Anche la costruzione e la ricostruzione di questo ponte erano favorite dal fatto che l'isola Tiberina, posta a monte, rompeva ed attenuava l'impeto della corrente del fiume <12>. Ovviamente il ponte ha subito sostituito le funzioni del guado, mantenendone però tutta l'importanza essenziale per la città. L'episodio di Orazio Coclite che difende da solo, contro l'esercito di Porsenna, il passaggio sul ponte, in attesa che i compagni lo taglino alle sue spalle è molto significativo: il difendere prima il passaggio su quel ponte e dopo l'interromperlo aveva un valore enorme per la difesa della città <13>, dato che in epoca antica nell'intero corso inferiore del Tevere non esistevano altri ponti.

Si deve inoltre considerare che perfino la scelta del Palatino, fra tutti gli altri colli della zona, come sede della città originaria, cioè della Roma quadrata, fu determinata dal fatto che, escluso l'inabitabile Capitolium, il Palatino era il colle abitabile più vicino al guado dell'isola Tiberina ed al ponte Sublicio.

C'è ancora da osservare che sulla riva sinistra del fiume, immediatamente a valle dell'isola Tiberina, si trovava il Foro Boario, il quale ha giocato un ruolo di primo piano nello stanziamento umano nella zona, sia come mercato del bestiame bovino, sia come mercato in generale. In quest'ordine di cose è molto significativo il fatto che le più antiche vie di Roma facevano capo appunto al Foro Boario e quindi al ponte Sublicio <14>.

E'tanto certo che Roma all'inizio era sorta in funzione del guado dell'isola Tiberina e successivamente in funzione del contiguo ponte Sublicio, così da essere stata definita anche la «città del Ponte» <15>, che da questo fatto appunto trassero nome i pontifices, cioè i «costruttori e ricostruttori del ponte», secondo l'etimologia proposta da Varrone, della quale non si è trovato finora nessun'altra più convincente: pontufices.... arbitror: nam ab his Sublicius est factus primum ut restitutus saepe, cum ideo sacra et uls et cis Tiberim non mediocri ritu fiant «ritengo..... che (da questo derivino) i pontefici: infatti da loro prima fu fatto il ponte Sublicio come pure spesso rifatto, dato che per l'appunto si fanno funzioni sacre d'una certa rilevanza rituale al di là e al di qua del Tevere» <16>. E si intravede abbastanza chiaramente che le funzioni sacre che venivano fatte sulle due teste del ponte Sublicio ed inoltre le altre che i pontefici ereditarono e mantennero anche in seguito, erano determinate dalla credenza che il fiume Tevere fosse una divinità <17>, ragion per cui il suo attraversamento, in un guado oppure su un ponte, doveva essere propiziato con funzioni sacre o almeno con un atteggiamento ispirato a religiosità.

Si deve inoltre ricordare che il corso inferiore del Tevere, quello che scorre nel Lazio, ha un andamento serpentino o molto sinuoso in conseguenza del sistema collinare che è tipico dell'intera zona. Le anse o i meandri che si formano nella zona sono quelli che era facile riscontrare a coloro che navigavano nel fiume ed ai quali accenna Virgilio quando dice che Enea ed i suoi compagni longos superant flexus «sorpassano lunghi meandri» <18>.

Ebbene io, mentre respingo per le ragioni dette la tesi che il vocabolo ruma «mammella» si riferisse al colle Palatino, ritengo invece molto più ovvio che questo vocabolo si riferisse a quella specie di prominenza o di promontorio a forma di "mammella" femminile che si è formata nella riva destra del Tevere proprio di fronte all'isola Tiberina ed al ponte Sublicio (e all'odierno ponte Palatino).

Questa interpretazione riesce a spiegare ed a sua volta viene spiegata o confortata dalla assai probabile etimologia del vocabolo Rumon. Ho già detto che numerosi studiosi, linguisti e storici, hanno connesso il toponimo Roma col vocabolo Rumon, che Servio dice essere stato l'antico nome del Tevere <19>. Per il vero si può dubitare parecchio che l'intero fiume si chiamasse Rumon, dato che il fiume aveva fin dai tempi più antichi la denominazione latina di Albula <20> e successivamente quella etrusca di Tiberis, mentre è più logico ritenere che Rumon indicasse una parte o un sito del Tevere. Ebbene a me sembra che la connessione di Roma con Rumon si debba accettare e si possa spiegare in questo modo: se ruma/Roma significava «mammella», Rumon avrà significato «mammellone», dato il prevalente valore accrescitivo del noto suffisso di matrice tirrenica ed etrusca -on-. Di fatto esisteva nel passato ed esiste tuttora un «mammellone» che si è formato sempre sulla riva destra del Tevere di fronte al vasto spazio del Campo Marzio, in connessione con l'odierno ponte Cavour. Dunque ruma/roma era la «mammella» situata di fronte all'isola Tiberina, mentre rumon era il «mammellone» situato di fronte al Campo Marzio (entrambi tratteggiati nell'unita cartina topografica).

E'molto importante considerare che, se accettiamo la tesi che la ruma/roma «mammella» fosse non il colle Palatino, bensì la «mammella» dell'isola Tiberina, allora siamo in grado di spiegare alla perfezione la denominazione della Porta Romana o Porta Romanula della cinta muraria primitiva: Porta Roman(ul)a significava non «porta indirizzata all'interno verso la supposta "mammella/colle" del Palatino», come ha erroneamente sostenuto il Migliorini, bensì «Porta indirizzata all'esterno verso la "mammella" dell'isola Tiberina». Questa interpretazione è confermata luminosamente dal fatto che alla Porta Roman(ul)a della cinta originaria corrispose la Porta Flumentana della successiva cinta serviana: entrambe indirizzate o rivolte verso il fiume e verso la "mammella" dell'isola Tiberina.

Resta un'ultimo problema, quello fonetico, che per il vero ha creato non poche né lievi difficoltà ai linguisti che hanno accettato sia la connessione ruma:Roma, sia l'altra Rumon:Roma: «Se questa connessione è esatta, perché si è avuto Roma e non *Ruma

A mio giudizio questa difficoltà si può superare se si accetta la ipotesi - già prospettata da parecchi studiosi - che tanto ruma «mammella» quanto il toponimo Roma siano vocaboli di origine etrusca <21>. Ed infatti mi sembra di essere in grado di presentare prove certe del fatto che vocaboli etruschi entrati nel latino hanno visto la loro originaria u (scritta Y oppure V) conservarsi tale e quale oppure trasformarsi in o lunga e cioè stretta. Gli esempi riguardano quasi esclusivamente antroponimi etruschi coi corrispondenti latini: la cosa si comprende facilmente quando si ricordi che la massima parte dei vocaboli etruschi che ci sono stati conservati sono per l'appunto antroponimi; ma del resto non manca qualche caso di appellativo: etr. Amuni, lat. Amunius e Amonius; etr. Clute, lat. Clutius, Cludius (aggett. cludus) e Clotius, Clodius (aggett. clodus); etr. Crus'ni, lat. Crusius e Crosius; etr. Cursni, lat. Cursenus e Corsinius; glossa etr. garouleou «crisanteno», lat. Carullius e Carollius; etr. Fului, lat. Fulvius e Folvius; etr. Funei, lat. Funius e Fonius; etr. Murias', lat. Murrius e Morrius <22>; etr. Plute, lat. Plutius e Plotius; etr. Prute, lat. Brutus e Protius; etr. Puntna, appellattivi lat. funtana, funtes e fontes; etr. Purce, lat. Purcius e Porcius; etr. Rusci, lat. Ruscius e Roscius <23>.

A mio giudizio questo fenomeno fonologico può essere spiegato in maniera soddisfacente in due modi differenti: o si interpreta che la vocale etrusca u venisse in linea generale pronunziata piuttosto aperta e quindi vicina ad una o molto stretta, oppure in linea particolare questa differente pronunzia era peculiare delle diverse città etrusche (proprio come l'ethnos etrusco non ha mai conosciuto una stretta unità politica, così neppure la lingua etrusca ha mai conosciuto una stretta unità linguistica). In conseguenza di ciò la u etrusca veniva sentita e resa dai Romani ora come u ora come o stretta. Pertanto la differenza delle vocali toniche di ruma «mammella» e di Roma toponimo poteva essere l'effetto della differente resa da parte dei Romani della originaria u etrusca <24>.

Si deve infine aggiungere che una conferma dell'origine etrusca di ruma «mammella» si trova nei suffissi di Rumina e di Rumon, che sono entrambi di sicura matrice tirrenica ed etrusca. In particolare il suffisso -on- in etrusco viene presentato come u finale, che evidentemente veniva pronunziato nasalizzato: ad esempio etr. fulu = lat. fullo,-onis, etr. suplu = lat. subulo,-onis, ecc. <25>.

Vocaboli relativi a Roma, attestati nel materiale lessicale etrusco conservato, sono conosciuti bene: etr. RUMATE e RUMAX = «Romano», RUMITRINETHI = «nello (stato) Romano», gentilizio RUMENLA, RUMLNA = lat. Romilius e Romulius <26>.

A proposito di quest'ultimo gentilizio è noto che lo Schulze ha sostenuto la tesi che Roma avrebbe derivato la propria denominazione da quella di una famiglia etrusca dei *RUMA <27>. Senonché un tale gentilizio non risulta nel materiale lessicale etrusco conservato <28>, mentre risulta il citato gentilizio RUMELNA, RUMLNA, dal quale però sarebbe derivato per la città il nome di *Romilia o *Romulia e non quello di Roma <29>.

Se fosse necessario - ma a me non sembra - collegare il nome della città a questa famiglia, io invertirei il verso della derivazione: sarà stata la famiglia etrusca RUMENLA a derivare il suo nome da quello della città, e ciò potrebbe essere avvenuto nell'abbastanza lungo periodo in cui Roma è stata sotto la reggenza di re etruschi.

Intendo però precisare che sono del parere che la denominazione etrusca di Roma possa essere anteriore a questo periodo dei re etruschi regnanti sulla città; tutto sta nel ricordare che poco a nord del Tevere stavano due potenti città etrusche, Cerveteri e Veio, che la riva destra del fiume veniva chiamata ripa Veientana, cioè «riva di Veio», che anche il nome del Tevere è quasi sicuramente etrusco <30> e che addirittura il fiume costituiva il confine fra l'Etruria e il Latium vetus. Anzi, è indubitabile che Roma doveva la sua grande importanza soprattutto al fatto che essa era la città di confine e quindi anche il punto di incontro fra due etnie, quella latina e quella etrusca; e questo avveniva là dove il Tevere era inizialmente guadabile presso l'isola Tiberina ed in seguito attraversabile sul ponte Sublicio. Inoltre era ovvio che la ruma/roma «mammella» e il rumon «mammellone» che si erano formati sulla riva destra del Tevere, che era etrusca, avessero un nome pur'esso etrusco.

Finalmente un'altra conferma del fatto che Roma fosse un vocabolo di origine etrusca può venire dalla circostanza che, secondo la testimonianza di Dionisio di Alicarnasso <31>, Roma era stata ritenuta da numerosi storici greci una «città etrusca». Ma c'è da chiedersi: «"Etrusca" in che senso?» Non certo per la sua popolazione, che indubitabilmente era di matrice latina ed italica, non certo per gli Etruschi residenti nella città, che saranno stati poco numerosi, bensì per il suo nome. Nello stesso identico modo, dunque, in cui il fiume Tevere era chiamato da Orazio Tuscus amnis e Tuscus alveus e da Virgilio Tyrrhenus Thybris non certo per il fiume in se stesso, nel suo corso e nelle sue acque, non certo per le sue rive, dato che quella di destra era etrusca, ma quella di sinistra era latina, bensì per il suo nome <32>.

In un suo libro del 1970 Emilio Peruzzi aveva scritto che «è inutile speculare sulla etimologia di Roma, e a tanto maggior ragione per la brevità e semplicità della forma...» <33>. Io dichiaro di essere perfettamente d'accordo col Peruzzi in linea generale, cioè sul fatto che l'etimologia dei toponimi troppo brevi, ossia caratterizzati da un numero molto ridotto di fonemi, è sempre molto aleatoria e spesso anche del tutto fallace. D'altra parte dico che la aleatorietà dell'etimologia del breve toponimo Roma è largamente compensata in primo luogo dalle stringenti connessioni linguistiche, che ho su esposto, con i vocaboli ruma, Rumon, ruminalis, Rumina, in secondo luogo da una stringente connessione semantica, quella costituita dalla posizione geografica della città in un importantissimo guado formatosi da epoca molto antica nel basso corso del Tevere. Per questi motivi io ritengo che l'etimologia che oggi presento del toponimo Roma abbia tutti i caratteri, non dico della certezza - che cosa c'è mai di certo per un glottologo che si immerga in questioni di toponomastica storica? - ma almeno quelli della grande probabilità o della notevole verosimiglianza.

Ed ora un codicillo: se Roma era il nome etrusco della città, sorge ovviamente il problema di quale fosse il suo nome propriamente latino, dato che non c'è da dubitare che la città sia sorta in virtù dello stanziamento di gruppi umani latini e non di gruppi umani etruschi. Per parte mia escludo che questo nome fosse Valentia, come ritenevano vari autori latini; lo escludo perché Valentia ha tutta l'apparenza di essere nient'altro che la traduzione latina di quella pseudoetimologia che faceva derivare Roma dal greco rhómee «forza» (pseudoetimologia da respingersi con decisione anche perché evidentemente Roma non poteva alla sua nascita essere denominata in vista della sua futura e assolutamente imprevedibile grande fortuna militare e politica) <34>. Sull'argomento oso prospettare una ipotesi che mi sembra abbastanza verosimile: forse l'antico nome latino di Roma era quello che passava come nome segreto della città, il quale non poteva essere pronunziato che da poche persone ed in particolari circostanze rituali <35>. E sarebbe probabile che esso fosse caduto in disuso proprio durante il predominio politico degli Etruschi sulla città, diventando prima di scarso uso di fronte al prevalere del nome etrusco Roma, poi quasi sconosciuto ed infine misterioso e segreto.

Massimo Pittau


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